Un’altra cosa che mi piaceva moltissimo da ragazzino era andare in bicicletta. Avevo trovato un percorso che facevo ogni volta che potevo.
Poco lontano da Salerno, andando verso l’interno, c’è un paesino che si chiama Baronissi. Sono pochi chilometri, parte in pianura, parte in leggerissima salita. Una volta arrivato a Baronissi però, dopo aver bevuto ed essermi riposato, cominciava il ritorno. Cosa c’era di bello?
Non dovevo pedalare per niente. Una volta preso un poco di velocità, scendevo a ruota libera, con un leggero venticello che mi rinfrescava e tanta voglia di vivere e cantare.
Ma ancora non vi ho parlato dei cugini che abitavano vicino quando vivevamo nella casa popolare di fronte al Vestuti!
Una famigliola veramente incredibile!
Il capofamiglia era quello soprannominato: “O scartellat” da mio padre. Si chiamava Giuseppe e aveva sposato Concetta, la prima sorella di mia madre. A prescindere dalla sua rachitica consistenza fisica era riuscito a mettere al mondo otto figli, contando solo quelli vivi.
Questo mio zio, che mi ricordo io, è sempre stato pensionato. Aveva, mi hanno detto, lavorato alcuni anni all’ATACS (azienda dei trasporti di Salerno). Ma ad appena 40 anni era già in pensione.
Un perfetto marito casalingo! La famiglia era numerosa, allora era lui a fare la spesa e siccome era un taccagno perfetto, riusciva sempre a far quadrare i conti. Spaccava la lira e il soldo, uno come lui, così avaro, non l’ho mai più incontrato.
Era singolare vedere come preparava ogni sera la cena a tutti i figli. Otto pacchettini, in ognuno un pezzo di pane con qualcosa dentro, avvolto in carta di giornale e disposti in ordine di grandezza sul tavolo della cucina.
Sopra ogni pacchettino il nome di un figlio…
Per chi ama le storie della Salerno che fu:
http://rideresalerno.blogspot.it/2015/07/la-salerno-che-fu-44.html
Nessun commento:
Posta un commento